Il “tuttologo” è cosa del passato

Determinazione, passione e un focus specifico sono gli elementi essenziali per fare strada in Oftalmologia,  "una branca straordinaria".

Il “tuttologo” forse in passato poteva andar bene, ma oggi è fondamentale specializzarsi in una branca specifica dell’Oftalmologia. Ce lo spiega in modo molto efficace il dott. Francesco Cerbella, che ci descrive anche un interessante caso di complicanze oculari in un politraumatizzato a seguito di una caduta.

Come ha scelto il suo percorso formativo in Oftalmologia e quale è il suo profilo professionale attuale?

Dott. Francesco Cerbella

Sono nato nel 1991 e vengo da Napoli. Come tanti, sono figlio d’arte: mio padre è oculista come me e la mia scelta di fare prima medicina e poi oftalmologia è stata condizionata da sempre dalla passione che io gli vedevo infondere nel suo lavoro e dalla soddisfazione con cui ancora oggi, dopo 40 anni di professione, svolge l’attività medica.

Anche se letta così la cosa potrebbe apparire scontata, in realtà fui in bilico fino all’ultimo nella scelta dell’università e fu un episodio casuale a definire la mia decisione finale, un evento che interpretai quasi come un segno del destino: un mio amico ebbe un trauma oculistico durante una vacanza in Grecia alla fine della scuola ed io fui molto colpito dalla figura del collega che lo soccorse allora, e fui enormemente affascinato dal suo ruolo di “risolutore” della situazione, depositario della nostra incondizionata fiducia.

Dopo la specializzazione all’Università Luigi Vanvitelli ed un fruttuoso periodo all’Ospedale Sacco di Milano, ho avuto modo di implementare sempre di più le mie conoscenze mediche e le mie abilità chirurgiche grazie ad un periodo di volontariato all’Ospedale S.M. delle Grazie di Pozzuoli. Sono, infine, approdato alla Clinica Mediterranea, consolidata struttura privata convenzionata di Napoli, dove lavoro in qualità di libero professionista.

 

Ci racconta un caso clinico inconsueto o particolarmente complesso, che è riuscito a gestire e risolvere?

Situazione preoperatoria

Posso raccontarvi di un caso che ha richiesto un approccio da un duplice fronte per essere risolto. Si presentò alla mia osservazione un paziente, giovane maschio quarantenne, che tempo prima aveva subito un violentissimo trauma cadendo da una impalcatura, un ponteggio per lavori, da un’altezza considerevole.

Era sopravvissuto alla caduta al prezzo di una lesione articolare all’anca che gli rendeva non molto agevole la deambulazione, ma soprattutto, avendo riportato anche un trauma cranico, al risveglio dal coma aveva riportato all’occhio destro una paralisi pressoché totale del VI nervo cranico, con esotropia a grande angolo e deficit dell’abduzione dell’occhio destro.

In più sulla cornea si era formata nel tempo una cheratopatia a bandelletta con delle concrezioni molto spesse che lo irritavano terribilmente, dandogli una fastidiosissima sensazione di corpo estraneo, lacrimazione e bruciore. In prima istanza, pertanto ci siamo occupati di risolvere la problematica corneale ed abbiamo eseguito una applicazione superficiale di EDTA (1) che ha efficacemente ridotto il quantitativo e la durezza delle concrezioni permettendogli non solo di avere un sollievo dalla sintomatologia puntoria ed irritativa, ma anche di recuperare ben 5/10 di vista. Dopodiché ci si è posto il problema della risoluzione della esotropia: essendo completamente deficitaria la funzionalità residua del retto laterale l’unica scelta possibile era un intervento di supplenza muscolare. Ci siamo, dunque, orientati sulla procedura di Nishida (2), tecnica un po’ più “conservativa” delle altre che prevede, senza tenotomia o divisioni muscolari, una sorta di apertura a ventaglio del retto superiore ed inferiore con ancoraggio di parte delle loro fibre (se ne preleva circa un terzo utilizzando

Situazione postoperatoria

un filo non riassorbibile a circa 8 mm dalla loro inserzione) alla sclera nei quadranti supero- ed inferotemporali a circa 12 mm dal limbus (quindi più o meno il primo punto si posiziona a metà strada tra retto superiore e retto laterale, il secondo a metà tra quest’ultimo ed il retto inferiore).

Il paziente ha fortunatamente conseguito un ottimo risultato postoperatorio con una netta riduzione della esotropia ed anche un piccolo recupero della abduzione.

Ad oggi il paziente è felice e la qualità della sua vita è sensibilmente migliorata: non ha diplopia e non ha più fastidi.

 

Qualche suggerimento per i giovani colleghi che cominciano il loro percorso in Oftalmologia.

La nostra branca è straordinaria perché come poche altre consente di poter spaziare dalla attività medica alla chirurgia, dalla diagnostica alla ricerca. L’apporto tecnologico è sensazionale e questo mantiene sempre vivo l’interesse per le novità; ogni settore della nostra specializzazione, che sia la cornea, il glaucoma o la retina, è un vero e proprio microcosmo in cui c’è tanto da studiare ed approfondire. Tutti i giovani colleghi, anche appena specializzati, hanno tanto da lavorare ovunque: esiste il territorio, l’ospedale, il privato… Che dire? Avete scelto bene!

Ognuno di noi poi dovrà focalizzarsi su un aspetto specifico perché il “tuttologo” è cosa del passato. Non resta che scegliere cosa vi piace di più!

 

Nella rubrica “Vi racconto una storia…”

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La nostra rubrica è aperta a tutti gli oculisti che sono interessati a raccontare un caso clinico ai colleghi e al nostro pubblico del web.

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Bibliografia
  1. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/29192681/
  2. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/23876863/

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