“Date ad una donna le occasioni adeguate e…”

Che significa oggi essere donna e voler diventare a tutti costi un'oculista e poi puntare a specializzarsi in una branca chirurgica difficile come la vitreo-retinica?

Donna e chirurgo vitreo retinico, la dottoressa Manuela d’Aquino, una personalità forte e determinata che emerge da ogni sua affermazione, ci racconta il percorso tuttora difficile che deve affrontare una donna  per diventare medico e poi per affermarsi come chirurgo oculare.

Come ha scelto il suo percorso formativo in Oftalmologia e quale è il suo profilo professionale attuale?

Dott.ssa Manuela D’Aquino

Salve, sono un chirurgo oculista, attualmente responsabile dell’ambulatorio di Oculistica presso il Centro Europeo di Oftalmologia di Acicastello (CT), convenzionato col SSN.
Ho deciso che sarei diventata un Oculista quando, per la prima volta, sono entrata in uno studio oculistico per affrontare la mia prima visita all’età di 6 anni, rimanendo affascinata da quel mondo fatto di strumenti particolari e tecnologici.
Sono cresciuta con l’idea che la visita oculistica non faceva paura ai bambini come le altre visite mediche, ma era gradevole e affascinante. Dopo essermi specializzata presso l’Università di Catania, diretta dal Prof. Avitabile ho iniziato il mio percorso formativo con la mia esperienza estera presso l’Università di Copenaghen in Danimarca, dove ho conseguito il titolo di Phd.
Sono subito entrata a far parte della famiglia del Centro Europeo di Oftalmologia e mi sono dedicata sia all’attività privata che a quella in convenzione. Mi sono formata alla chirurgia refrattiva e della cataratta con i dottori Silvio e Marco Zagari, che mi hanno accolto come una sorella. Il mio percorso formativo chirurgico è proseguito dedicandomi alla chirurgia delle palpebre, sotto la guida del dott. Rizzotti, chirurgo oftalmoplastico, che mi ha trasmesso tanto in questo ambito, per poi coronare il mio sogno e trovare la mia strada nella chirurgia vitreo retinica, a cui attualmente mi sto dedicando ogni giorno sotto la guida del dott. Silvio Zagari, che mi sta formando al massimo su questa chirurgia oculare di nicchia.
Il mio percorso formativo da medico e chirurgo è ancora in salita perché mi trovo ad affrontare delle difficoltà particolari, che purtroppo spesso una donna incontra. Essere una donna medico, oggi, è estremamente difficile per tutta una serie di discriminazioni, pressioni, difficoltà a cui si deve far fronte per affermare il proprio status. E, se una donna ha l’ambizione di far carriera in ambito chirurgico, da sempre pensato da uomini per uomini, la strada diventa ancora più disseminata di difficoltà.
Mi scontro spesso con lo scetticismo dei pazienti che mi guardano dubbiosi quando dico: “Sì, sarò io ad operarla!”.
Ma ciò che mi ha fatto andare avanti e mi ha portato dove sono arrivata è stata l’ambizione e la forza di volontà, che forse solo una donna può avere. Del resto, una celebre frase di Oscar Wilde dice: “Date ad una donna le occasioni adeguate e non c’è cosa che non possa fare”.

 

Ci racconta un caso clinico inconsueto o particolarmente complesso, che è riuscita a gestire e risolvere?

Recentemente mi sono imbattuta in una complicanza che ho affrontato e risolto in chirurgia Femto LASIK. Ho operato un ragazzo di 32 anni per astigmatismo ipermetropico con tecnica Femto LASIK.

Durante il sollevamento del flap, sono entrata in un piano superficiale subepiteliale creando una sorta di LASEK a causa probabilmente, di un epitelio un po’ edemizzato per via della suzione laser.

In realtà, appena me ne sono accorta, perché in alcuni punti l’epitelio si era aperto, ho cercato un piano profondo e ho sollevato il flap LASIK.

Dopo aver cercato il piano profondo, sollevato il flap e completato il trattamento, ho ricomposto l’epitelio, che era rimasto un po’ sfrangiato e messo una lente a contatto. Al controllo del giorno dopo ho notato una chiusura completa e perfetta a livello epiteliale, ma con tantissimi infiltrati profondi a livello della giunzione stromale del flap LASIK. Documento tutto con OCT anteriore e faccio diagnosi di cheratite lamellare diffusa (DLK), stadiandola già al terzo quasi quarto stadio con visus naturale di 3/10.

La DLK è una complicanza della LASIK rara, che purtroppo lascia esiti gravi e invalidanti per la qualità visiva, se non viene trattata tempestivamente e nel modo corretto. Probabilmente in un soggetto con un sistema immunitario molto reattivo il fatto di aver creato una disconnessione epitelio-stroma sopra flap, ha innescato una reazione autoimmune che ha esitato in una DLK con un quadro caratteristico, noto come “sabbia del Sahara”.

Nel contempo, il paziente mi ha confessato di non aver gestito in maniera corretta la terapia postoperatoria, dimenticandosi l’instillazione del collirio antibiotico prescritto. Ho eseguito immediatamente un lavaggio del flap con risollevamento e allontanamento delle cellule infiammatorie dall’interfaccia. Integrando con collirio al desametasone ogni ora, il paziente in pochi giorni ha recuperato il visus fino a 10/10 e ripristinato la trasparenza corneale.

Questo caso mi è servito a riflettere sul fatto che una complicanza del genere deve essere trattata tempestivamente sia dal punto di vista medico che terapeutico, senza avere il timore di riportare il paziente in sala operatoria per lavare il lembo LASIK perché, l’attesa, avrebbe esitato in sequele gravi da risolvere tardivamente.

 

Qualche suggerimento per i giovani colleghi che cominciano il loro percorso in Oftalmologia.

Un consiglio che posso dare ai giovani e, soprattutto, alle giovani donne oculiste: non smettete mai di sognare e di lottare per i vostri sogni. Si prospetta davanti a noi una strada in salita nel nostro ambiente ma, la costanza e la tenacia saranno fondamentali per il successo. Se si tratta di chirurgia …allora sarà ancora più difficile!

Affidatevi ad un maestro che vi accompagni in questo percorso , ad una persona che vi faccia sentire a casa, rialzatevi ad ogni caduta e ricordate che le corde di uno strumento suonano per una sola ragione: fanno resistenza alla pressione…. È da quella resistenza che nasce la musica.
Come nella vita: è dalla capacità di resistere alla pressione che nascerà la vostra musica migliore.

Nella rubrica “Vi racconto una storia…”

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