Le patologie neuro-oftalmiche

Caratteristiche e prevalenza delle patologie neuro-oftalmiche e novità dell’imaging diagnostico più avanzato.  

Le patologie neuro-oftalmiche non sono molto frequenti, ma hanno in genere una sintomatologia grave, anche in termini di disturbi oculari, e in alcuni casi possono comportare rischi di compromissione definitiva della funzione visiva. In particolare, le malattie che colpiscono il nervo ottico sono spesso considerate come prodromi della cecità.

Rientrano tra le patologie neuro-oftalmiche: la neurite ottica e l’atrofia retinica con eziologia diversa, il papilledema, i tumori maligni del nervo ottico e una gamma eterogenea di neuropatie. Inoltre, la proptosi o esoftalmo – cioè la protrusione o protuberanza di uno o entrambi gli occhi – può essere una manifestazione di tumori maligni che colpiscono il nervo ottico e le meningi.

Le paralisi dei nervi oculari motori sono, tra l’altro, tra i fattori eziologici che concorrono allo sviluppo dello strabismo (vedi Correzione dello strabismo negli adulti – Oculista Italiano) e della diplopia (visione doppia)

In molti studi le patologie neuro-oftalmiche sono state descritte singolarmente, con riferimento ad una specifica patologia correlata, e tuttora sono complessivamente disponibili dati limitati sul loro profilo complessivo e sulla loro incidenza e prevalenza.

La neuro-oftalmologia è, di fatto, una branca “giovane”, che combina Neuroscienze ed Oftalmologia, focalizzandosi sullo studio dei disordini neurologici che si manifestano come disfunzioni visive. È stata riconosciuta come specializzazione medica negli anni ’60 del secolo scorso e da allora è andata incontro ad un vivace sviluppo.

I pathway della visione, che connettono la retina alla corteccia visiva, e il sistema oculomotore, che collega i muscoli oculari ai centri corticali, hanno connessioni dirette con una porzione significativa del sistema nervoso centrale. Il neuro-oftalmologo è, dunque, chiamato a valutare l’integrità di queste connessioni e può, quindi, formulare delle valutazioni sulla severità e localizzazione delle problematiche visive correlate.

I pazienti neuro-oftalmici possono manifestare sintomi oculari di varia gravità, quali riduzione dell’acuità visiva,  ipovisione o cecità temporanee,  visione doppia, movimenti oculari atipici, anomalie nel funzionamento delle palpebre, irregolarità nella dimensione pupillare e, talvolta, distorsioni percettive.

Le patologie neuro-oftalmologiche possono colpire due diversi ambiti anatomo-funzionali della funzione visiva: il sistema visivo afferente, causando differenti tipi di disfunzione visiva, e il sistema visivo efferente, determinando patologie oculo-motorie, neuropatie oculo-motorie craniali, instabilità dello sguardo, patologie pupillari.

Le alterazioni delle vie sensoriali e motorie possono insorgere per molteplici cause, tra le quali: malattie autoimmuni, infettive, infiammatorie, ischemiche, ereditarie, degenerative oppure eventi traumatici o compressivi.

Non è infrequente che disfunzioni neuro-oftalmiche, come la neuropatia ottica infiammatoria, costituiscano un marker precoce di sottostanti patologie neurologiche, quali la sclerosi multipla.

Numerosi studi sono stati condotti in diversi paesi per determinare l’incidenza di specifiche patologie neuro-oftalmiche. Ad esempio, uno studio condotto negli Stati Uniti ha riportato un’incidenza della neuropatia ottica ischemica anteriore non arteritica (NAION) negli individui di età superiore ai 50 anni di ben 10 casi ogni 100.000 persone nella contea di Olmsted, in Minnesota.
In uno studio condotto in Francia le neuropatie ottiche sono risultate la causa più frequente di patologie neuro-oftalmiche.

 

Il ruolo dell’imaging nella diagnosi

Il ruolo delle moderne tecniche di imaging nella diagnosi delle patologie neuro-oftalmiche è in continua evoluzione, come ampiamente illustrato nella review Imaging in Neuro-ophthalmology : CONTINUUM: Lifelong Learning in Neurology (lww.com). In particolare, lo sviluppo futuro sarà mirato alla precisa localizzazione clinico-anatomica delle lesioni che causano alterazioni delle funzioni visive afferenti ed efferenti.

I progressi tecnologici nelle metodiche di TAC, Risonanza Magnetica e OCT hanno cambiato drasticamente il modo in cui le patologie neuro-oftalmologiche vengono oggi diagnosticate e monitorate nel tempo.

La Risonanza magnetica costituisce oggi la modalità di imaging privilegiata per la diagnosi di disordini delle vie oculari afferenti ed efferenti, con l’eccezione dell’emorragia acuta e delle anomalie nel tessuto osseo, per le quali è preferibile utilizzare la TAC. La Risonanza magnetica presenta molti vantaggi rispetto alla TAC, in quanto assicura un contrasto superiore tra  lesioni patologiche e tessuto sano. In secondo luogo, consente un imaging multiplanare senza riposizionare il paziente e, infine, non essendo influenzata dagli artefatti grafici da Beam hardening consente una migliore visualizzazione delle strutture delle fosse craniche posteriori

L’Angio-risonanza magnetica (MRA) serve, specificamente, ad esaminare l’anatomia vascolare e le eventuali anomalie e lesioni, inclusi aneurismi, stenosi arteriose e malformazioni vascolari. Con la sua introduzione è stato possibile ridurre drasticamente l’utilizzo, come metodica di esame delle strutture vascolari, dell’angiografia con catetere, che è un esame invasivo.

Nella pratica oftalmica si continua a far ampio uso dell’Angiografia con Fluoresceina (FAG) per esaminare le condizioni vascolari della retina in tempo reale e per distinguere i casi di effettivo edema del disco ottico dai casi di pseudopapilledema. La FAG è una tecnica invasiva, che utilizza un mezzo di contrasto, la fluoresceina, che in alcuni individui può determinare reazioni allergiche.

OCT

L’OCT (Optical Coherence Tomography) è una metodica non invasiva di imaging che consente di esaminare il nervo ottico e l’anatomia retinica. L’OCT utilizza i principi dell’interferometria a bassa coerenza per acquisire “in vivo” immagini ad alta risoluzione, da 3 μm a 6 μm, delle strutture retiniche.

Recenti sviluppi tecnologici nella segmentazione retinica hanno consentito di quantificare lo spessore dei singoli strati della retina attraverso lo spectral domain OCT.

Questo dato diagnostico facilita la quantificazione indiretta della perdita assonale, misurata in termini di assottigliamento dello strato delle fibre nervose retiniche, e del danno neuronale, misurato come assottigliamento dello strato plessiforme interno delle cellule maculari, come esito di lesioni che coinvolgono i nervi ottici, il chiasma e le fibre ottiche. Questi risultati dell’OCT sono strettamente correlati con esiti funzionali nello spettro delle neuropatie ottiche, incluso glaucoma, neurite ottica, neuropatia ottica ischemica, disordini ereditari, lesioni tossiche al nervo ottico, gliomi e papilledema.

L’OCT risulta particolarmente utile per distinguere lievi forme di sofferenza retinica da patologie gravi del nervo ottico. In parallelo, l’imaging ad alta risoluzione della macula può essere utile per escludere patologie retiniche nei casi di perdita improvvisa della vista che si presentano a neurologi e neuro-oftalmologi.

Il ruolo crescente del neuro-imaging non riduce, tuttavia, l’importanza della localizzazione clinico-anatomica delle lesioni. Al contrario le tecniche di imaging dovrebbero essere concepite come complementari ad un processo che parte da un’anamnesi dettagliata, seguita da un accurato e completo esame fisico del paziente.

Vedi anche:

Bibliografia
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