Farmacista: ruolo e responsabilità

Capire il ruolo del Farmacista rispetto alle patologie oculari e al loro trattamento richiede un breve approfondimento sui profili normativi che disciplinano la professione del farmacista e un accenno ad alcune problematiche legate alla società contemporanea, in cui si sono sviluppati molti servizi dedicati alla salute e al benessere della persona.
Il Farmacista svolge una professione complessa, disciplinata sia da fonti legislative, che individuano le responsabilità (rispettivamente civile, penale, deontologica, disciplinare ed erariale), le attività consentite e i limiti, che da fonti giurisprudenziali (sentenze e pareri dei giudici), che ne chiariscono e precisano i contenuti in parallelo all’evolversi dello stesso contesto sociale.
L’attività del Farmacista rientra tra le professioni sanitarie che costituiscono un servizio pubblico e in quanto tali sono disciplinate dagli artt. 99 ss., r.d. 27 luglio 1934, n. 1265 (T.U. leggi sanitarie).
Tra i profili di responsabilità accenniamo alcuni aspetti interessanti.

La responsabilità deontologica
Il Codice deontologico che “raccoglie le norme e i principi posti a garanzia del cittadino, della collettività e a tutela dell’etica, della dignità e del decoro della professione del Farmacista” (art. 1) costituisce lo strumento di riferimento dell’Ordine professionale e degli iscritti all’Albo.
La responsabilità deontologica, in quanto tale, può sussistere anche in assenza di danno e/o reato, in ragione del fatto che sono stati violati i principi di comportamento fondamentali per la professione (Commissione centrale professioni sanitarie pronuncia n. 95 del 14/12/2009).
La disciplina dettata dal codice deontologico è rivolta verso un obiettivo di primaria importanza per l’intera collettività: la sicurezza nella dispensazione dei prodotti medicinali.
In questo senso assume rilievo l’obbligo sancito dal primo comma dell’art. 26: “Il farmacista deve respingere le richieste di medicinali senza la prescritta ricetta medica o veterinaria o redatte su ricette prive dei requisiti stabiliti dalla legge”.
Questa norma si applica chiaramente a tutti i casi di dispensazione di farmaci per uso oftalmico per cui sussista l’obbligo di prescrizione, quali antibiotici, associazioni antibiotico-antinfiammatorie, antiglaucomatosi, antistaminici, etc.
La norma sopracitata è strettamente correlata al divieto di effettuare diagnosi, in quanto il Farmacista non è chiamato a sostituirsi al medico, mentre rientra tra i suoi compiti agevolare la conoscenza delle finalità delle terapie prescritte, le corrette modalità di assunzione dei medicinali e la compliance del paziente.
Dal momento che il Farmacista svolge anche il ruolo di “consulente del paziente”, il codice deontologico stabilisce alcune regole importanti, quali l’obbligo sancito dall’art. 7, in base al quale il Farmacista deve essere sempre riconoscibile attraverso l’uso del camice bianco con apposto il logo dell’Ordine.
Inoltre il secondo comma dell’art. 12 specifica che “Il farmacista promuove l’automedicazione responsabile e scoraggia l’uso di medicinali di automedicazione quando non giustificato da esigenze terapeutiche”.
Questa importante indicazione assume rilievo quando il Farmacista è chiamato a consigliare al paziente prodotti da banco o senza obbligo di prescrizione, quali le lacrime artificiali o presidi utili per una corretta igiene oculare.

La responsabilità civile verso il paziente
Sul piano civilistico la responsabilità del Farmacista è disciplinata dall’art. 2043 del codice civile che obbliga chi, colposamente o dolosamente, causa un danno a risarcirlo.
Il presupposto è che la dispensazione del farmaco rientra tra le attività pericolose e l’art. 2050 del codice civile prevede che sia il professionista a dover dimostrare che l’incidente non sia a lui imputabile, mentre il cliente/paziente è tenuto a dimostrare solo il nesso causale, ossia che il danno è conseguenza dell’azione e/o omissione del professionista.
Va inoltre ricordato che il farmacista titolare risponde civilmente anche per i danni provocati dai propri dipendenti o collaboratori (art. 1228 codice civile).
Il Farmacista è esente da responsabilità, in base a giurisprudenza ormai consolidata, quando si attiene a quanto prescritto dal medico.
L’unica eccezione si presenta quando il Farmacista individui, nella ricetta, la prescrizione di sostanze velenose a dosi non medicamentose o pericolose, dovendo in tal caso esigere che il medico dichiari per iscritto che la somministrazione avviene sotto la sua responsabilità, previa indicazione dello scopo terapeutico perseguito (art. 40, R.D. 1706/1938).
Un caso particolare è costituito dalla prescrizione di farmaci equivalenti a carico del Servizio sanitario nazionale, come accade spesso in ambito terapie oftalmiche per i farmaci antiglaucomatosi, antinfiammatori o antibiotici.
L’art. 7 comma 1 della Legge 405/2001 e la Legge n. 149/2005 di conversione del D.L. 87/2005 hanno infatti stabilito che il Farmacista, qualora il medico non indichi l’insostituibilità del farmaco prescritto, dopo aver informato l’assistito, deve consegnare a quest’ultimo il farmaco, a parità di principio attivo, forma farmaceutica, via di somministrazione, modalità di rilascio, numero di unità posologiche e dosi unitarie, avente il prezzo più basso, lasciando in ogni caso all’assistito la scelta definitiva.

Errori nella dispensazione
Gli errori più comuni nella dispensazione da parte dei Farmacisti, in base ai dati raccolti dalle autorità regolatorie e/o rinvenibili dalla giurisprudenza, riguardano in genere:
– L’errata scrittura da parte del medico
– L’errata lettura da parte del farmacista
– Lo scambio di farmaci a causa della somiglianza tra nomi o confezioni
– Dosaggi diversi per fasce di età in confezioni identiche
– Erogazione di farmaci scaduti
– Errata indicazione della corretta via di somministrazione

Il counseling del Farmacista
L’attività di counseling da parte del farmacista ha come presupposto un’approfondita conoscenza non soltanto del prontuario farmaceutico, ma anche di prodotti da banco, quali integratori alimentari, dispositivi medici e prodotti cosmetici.
Nel caso dei farmaci, come abbiamo visto, il farmacista è tenuto a consegnare i prodotti medicinali solo su prescrizione medica, ma può essere interpellato dal cliente/paziente in merito alle interazioni tra farmaci, tra farmaci e alimenti, le eventuali controindicazioni e i possibili effetti collaterali.
Inoltre può fornire informazioni preziose al fine di prevenire l’uso improprio, il dosaggio incongruo, l’assunzione di farmaci antagonisti, la sospensione anticipata o il prolungamento non necessario della terapia.
Infatti il primo comma dell’art. 15 del Codice deontologico stabilisce che “Nell’attività di dispensazione, consiglio e consulenza professionale, il farmacista garantisce un’informazione sanitaria chiara, corretta e completa, con particolare riferimento all’uso appropriato dei medicinali, alle loro controindicazioni e interazioni, agli effetti collaterali e alla loro conservazione”.
Il farmacista può, dunque, fornire consigli circostanziati ai pazienti circa tutti i medicinali senza obbligo di prescrizione e i medicinali da banco o di automedicazione, tenendo conto delle indicazioni stabilite dall’art. 12 del Codice deontologico di cui abbiamo trattato in precedenza.

Farmacista nutrizionista?
Una problematica molto attuale concerne la possibilità da parte del Farmacista di prescrivere diete a fini terapeutici.
È, innanzitutto, necessario precisare che ad oggi in Italia non esiste una esplicita disciplina normativa a proposito della figura sanitaria del “nutrizionista”, professione che invece è prevista espressamente in Norvegia, Portogallo, Islanda e Malta.
Su questo scottante tema la FOFI (Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani) ha espresso un parere preciso «Il farmacista può esercitare l’attività di nutrizionista, nel rispetto della legislazione vigente, limitando l’attività in campo nutrizionistico alla sola consulenza». Nello specifico, la FOFI sottolinea che «in linea generale, il farmacista, anche specializzato, non può prescrivere diete, ma può esclusivamente fornire consulenze e dare informazioni riguardanti medicinali, integratori alimentari e, comunque, altri prodotti venduti in farmacia (parere del Consiglio Superiore di Sanità del 15 dicembre 2009). La prescrizione delle diete, infatti, è riservata alla competenza del medico, del biologo e del dietista».
Dunque in base a questa interpretazione la prescrizione delle diete rimane riservata al medico dietologo, cioè al laureato in medicina e regolarmente iscritto all’albo nazionale dei medici, il quale può prescrivere una dieta a fini terapeutici, cioè per motivi di salute e non di peso forma.
Inoltre è da precisare che:
– il biologo nutrizionista risulta legittimato a elaborare una terapia alimentare per migliorare il benessere del paziente, in quanto è in grado di valutare i bisogni energetici e nutritivi di una persona sana oppure sofferente di una patologia che richiede una corretta alimentazione. A differenza del medico dietologo, però, il biologo può determinare i contenuti di una dieta, solo se in precedenza prescritta dal medico chirurgo.
– il dietista, professionista in possesso di specifica laurea triennale in questa materia, che può operare in strutture sia pubbliche o private, può collaborare a formulare una dieta a scopo terapeutico, previa prescrizione medica.

«A tal proposito – ha sottolineato la FOFI -, la Suprema Corte di Cassazione, in una recente sentenza, ha affermato che “integra il reato di esercizio abusivo di una professione, l’attività di colui che fornisce indicazioni alimentari personalizzate, sulla base della valutazione delle caratteristiche fisiche di ogni cliente, caratterizzate da puntuali prescrizioni e previsioni, senza però appartenere alle categorie professionali che hanno specifiche competenze in tema di bisogni alimentari”(Cass. pen. Sez. VI Sent., 30/03/2017, n. 20281)».
Contraddetta, dunque, la posizione assunta nell’ottobre del 2018 dall’ANEF (Associazione Farmacisti Esperti in Nutrizione), che aveva invece sostenuto che il farmacista può elaborare diete, in quanto “… l’individuazione dei bisogni alimentari dell’uomo attraversi schemi fissati per il singolo con rigide previsioni e prescrizioni, se non è esclusiva del medico biologo, può competere in via concorrente ad altre categorie professionali per le quali è comunque prescritta l’acquisizione di una specifica abilitazione, quali medici, farmacisti, dietisti, fatta salve le competenze stabilite nelle normative di settore, ma mai, per le ricadute in termini di salute pubblica, essere esercitate da persone che siano prive di competenza in tema sanitario..”».
La questione rimane di grande attualità e meriterebbe un intervento normativo ad hoc, definitivo e chiarificatore.

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Scheda n. 8 – Ruolo del farmacista

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Dr. Carmelo Chines
Direttore responsabile