Cheratiti da Acanthamoeba

Comportamenti a rischio e consigli per la stagione estiva

 

Le Acanthamoeba, amebe a vita libera che si ritrovano nell’aria, nella polvere, nel suolo e nell’acqua, sono i principali agenti eziologici di un’infezione della cornea nota come cheratite da Acanthamoeba (Acanthamoeba keratitis, AK). I ricercatori hanno individuato, in base alla morfologia, 25 specie di Acanthamoeba tra le quali A. castellanii e A. polyphaga sono quelle più comunemente isolate nelle cheratiti. L’organismo può assumere 2 forme: in condizioni di vita avverse, forma una cisti di circa 10-30 micron che non ha esigenze nutrizionali ed è resistente a condizioni estreme di temperatura, pH, essicazione e sostanze chimiche, risultando pertanto difficile da eliminare; in condizioni favorevoli, come la presenza di cibo (alghe, batteri, altri protozoi e forse cheratociti nella cornea), assume la forma di trofozoita, di dimensioni di 20-50 micron, motile ed è più sensibile all’eradicazione.

Occhio affetto da Cheratite da Acanthamoeba

La cheratite da Acanthamoeba è diffusa globalmente ed è riconosciuta come una grave infezione oculare i cui casi segnalati aumentano di anno in anno. L’ utilizzo non appropriato di lenti a contatto rappresenta il principale fattore di rischio (85% dei casi), ma casi di AK sono stati segnalati anche in individui non portatori di lenti a contatto. I pazienti affetti da AK accusano un severo dolore associato a fotofobia, infiltrato stromale anulare, ulcere ed ascessi corneali. Vista l’aggressività dell’infezione, l’AK deve essere trattata adeguatamente e tempestivamente per evitare la conseguenza più grave che può essere la perdita della vista. L’infezione è di solito unilaterale e progredisce lentamente dall’epitelio allo stroma, ma se la diagnosi è ritardata ed Acanthamoeba è già penetrata profondamente nello stroma corneale, la buona riuscita della terapia diventa estremamente difficile.

L’incidenza di AK aumenta notevolmente nei mesi estivi, probabilmente perché il caldo invoglia a rinfrescarsi in aree balneari. L’acqua, infatti, di qualunque provenienza – piscina, mare, fiume, lago, vasca idromassaggio, rubinetto – può essere un primo serbatoio di microrganismi, ed anche se l’acqua ricreativa è trattata con disinfettanti, comunque non è sterile e può contenere, tra gli altri microrganismi, anche Acanthamoeba. L’igiene non adeguata e l‘uso non corretto delle lenti a contatto, come il lavaggio delle stesse e dei loro contenitori con acqua di rubinetto o l’utilizzo delle lenti durante lo svolgimento di sport acquatici e durante la doccia rappresentano, dunque, dei forti fattori di rischio per l’instaurarsi di AK.

Malgrado gli avvertimenti dell’American Food and Drug Administration (FDA) e del Centers for Disease Control and Prevention (CDC) sui rischi di esposizione delle lenti a contatto all’acqua, alcune aziende produttrici non istruiscono correttamente i consumatori e l’utilizzo dell’acqua di rubinetto durante la pulizia e il risciacquo restano ancora un comportamento comune, per cui i casi di AK non tendono a diminuire.

Un recentissimo articolo pubblicato su Cornea ha evidenziato, tra 1.056 portatori di lenti a contatto morbide, un elevato livello di esposizione delle lenti a contatto all’acqua ed ha anche rilevato una percezione errata, da parte degli utenti, circa il rischio di infezione associata a queste esposizioni. Lo studio ha mostrato che l’86% dei portatori di lenti a contatto fa la doccia con le lenti e il 62% nuota mentre le indossa, il 41% degli uomini e il 29% delle donne sciacqua le lenti con acqua di rubinetto. Il 40% dei portatori di lenti a contatto, inoltre, sciacqua usualmente con acqua di rubinetto il contenitore in cui ripone le lenti e questo è stato identificato come una delle principali fonti di rischio di AK, probabilmente perché Acanthamoeba può aderire e crescere in queste custodie. In ogni caso dallo studio emerge che i portatori di lenti a contatto intervistati non percepivano che il loro comportamento potesse rappresentare un rischio per l’instaurarsi di AK. I portatori di lenti a contatto, inoltre, tendono a richiedere il consulto del medico in ritardo, perché abituati ad irritazioni minori dell’occhio, e questo rappresenta un altro comportamento rischioso visto che la diagnosi precoce di AK è fondamentale per risolvere al meglio l’infezione.

Non esistono farmaci approvati per il trattamento della cheratite da Acanthamoeba in nessun paese del mondo. I regimi di trattamento correnti comprendono solitamente l’uso di un agente topico antisettico cationico come il biguanide di poliexametilene (PHMB, 0,02%) o clorexidina (0,02%) con o senza diamidina.  La durata della terapia può variare da sei mesi ad un anno. Questa terapia ha dato buoni risultati nella maggior parte dei pazienti ed avviata precocemente consente un pieno recupero visivo. Tuttavia, uno studio retrospettivo condotto al Wills Eye Hospital (Philadelphia) ha rilevato che negli ultimi anni si è assistito ad un aumento della severità di AK associato ad un aumento del fallimento terapeutico. Proprio per rispondere alla necessità di disporre di una terapia medica appropriata, a tal proposito è in atto un progetto di ricerca europeo (ODAK, Orphan Drug for Acanthamoeba Keratitis) che si prefigge di sviluppare una formulazione stabile e sicura di PHMB per il trattamento farmacologico di AK, il progetto ha recentemente ricevuto l’approvazione delle autorità di regolamentazione del Regno Unito per lo studio clinico di fase III.

Bibliografia

– Lorenzo-Morales J et al. An update on Acanthamoeba keratitis: diagnosis, pathogenesis and treatment. Parasite. 2015; 22:10. doi: 10.1051/parasite/2015010.

-Zimmerman AB et al. Water Exposure is a Common Risk Behavior Among Soft and Gas-Permeable Contact Lens Wearers. Cornea. 2017 Apr 13. doi: 10.1097/ICO.0000000000001204.

-Siu S. Acanthamoeba keratitis: Are recent infections more severe? Presented at: Wills Eye Conference; March 9-11, 2017; Philadelphia.

 

Dr. Carmelo Chines
Direttore responsabile