Cataratta e occhio secco postoperatorio

Un esito indesiderato che rischia di compromettere parte dei benefici visivi dell’intervento.

La chirurgia della cataratta può indurre forme severe di occhio secco? Se sì, con quale frequenza e partendo da quali condizioni?

Fig. 2: Stiramento pupillare con unciniLa chirurgia della cataratta può indurre forme severe di occhio secco? Se sì, con quale frequenza e partendo da quali condizioni?

Cos’è la cataratta

La cataratta consiste nella perdita di trasparenza (opacizzazione) parziale o totale del cristallino, la lente naturale, posta dietro l’iride, che ha il compito di far convergere i raggi luminosi sulla retina.

Le probabilità di sviluppare la cataratta aumentano con il progredire dell’età, in particolare dopo i 60 anni, a causa del fisiologico invecchiamento del cristallino. Esistono anche cataratte congenite, cioè presenti alla nascita, e cataratte di varia origine come quelle dovute a traumi, quelle da esposizione prolungata a radiazioni ionizzanti, e quelle indotte da assunzione di farmaci utilizzati localmente o per via generale (ad es.: cataratta da cortisone).

Tra i fattori di rischio per lo sviluppo della cataratta bisogna ricordare anche un’eccessiva e protratta esposizione alla luce solare. Inoltre esistono forme di cataratta associate ad altre patologie oculari, come il glaucoma e l’uveite, o a malattie sistemiche, quali il diabete.

Molto spesso la cataratta è una malattia bilaterale, che insorge prima in un occhio e successivamente si sviluppa anche nell’altro.

Sintomi

La cataratta per svilupparsi talvolta impiega solo qualche mese, ma il più delle volte il processo richiede anni; a volte causa subito disturbi, altre volte invece non provoca fastidi per mesi.

Il sintomo più comune è l’abbassamento progressivo e graduale della vista: il paziente si accorge che la visione si oscura e si annebbia; incontra difficoltà nel leggere, nel vedere la televisione, nel distinguere oggetti posti a modesta distanza, nel guidare specialmente di notte.

Non è rara la percezione di immagini sdoppiate e di aloni intorno alle sorgenti di luce (fari, lampade, etc).

Un altro sintomo è la variazione della capacità visiva in relazione alla intensità della luce ambientale.

Diagnosi

Secondo le linee guida SOI – AICCER 2014 per una corretta diagnosi della cataratta la visita oculistica dovrebbe comprendere:

– anamnesi generale, basata su un documento anamnestico redatto dal medico di medicina generale

– anamnesi oculistica, basata su tutta la documentazione clinica relativa alla storia oculistica del paziente.

– esame obiettivo, che rilevi lo stato anatomico dell’apparato visivo con particolare attenzione a tutti gli elementi che possano avere rilevanza ai fini della chirurgia e in particolare: presenza di patologie oculari associate alla cataratta, dilatabilità della pupilla, esplorabilità delle strutture posteriori al cristallino;

– esame funzionale: rilevazione del visus per lontano e per vicino con la miglior correzione ottica;

– biometria;

– selezione della IOL in base alle esigenze del paziente e allo stato rifrattivo dell’occhio controlaterale.

Trattamento

La cataratta determina problemi visivi che sono reversibili attraverso un trattamento chirurgico con cui si rimuove il cristallino opacizzato.

Di norma si fa ricorso alla tecnica di facoemulsificazione che comporta l’utilizzo di una sonda a ultrasuoni, che frammenta e aspira il cristallino opacizzato

Recentemente sono stati utilizzati nella chirurgia della cataratta anche i laser a femtosecondi o femtolaser, che sono in grado di assicurare elevati standard di sicurezza e di precisione operatoria.

Una volta rimosso la cataratta, per restituire al paziente una visione soddisfacente, si procede all’impianto di una lente intraoculare (IOL) o “cristallino artificiale”.

Tale lente, realizzata in materiali biocompatibili, una volta posizionata, rimane fissa all’interno l’occhio e non richiede di essere pulita o sostituita. Le moderne IOL possono restituire una visione pressoché naturale, a condizione che le altre strutture dell’occhio, in particolare la retina, siano sane.

Le tecniche più moderne di impianto prevedono l’utilizzo di lenti che possono essere inserite nell’occhio attraverso incisioni molto piccole (mini e micro-incisione), che non richiedono punti di sutura.

Cataratta refrattiva

La scelta della lente intraoculare da impiantare viene effettuata tenendo conto dei vizi di refrazione da cui è affetto il paziente (miopia, ipermetropia, presbiopia), in modo da compensarli in tutto o in parte e ridurre o eliminare la necessità di utilizzare gli occhiali. Questa procedura si definisce cataratta refrattiva.

L’intervento di cataratta è preceduto e seguito dalla somministrazione di trattamenti farmacologici profilattici, definiti ed approvati dalle linee guida delle maggiori società scientifiche, finalizzati a prevenire ed evitare complicanze infiammatorie ed infettive, di cui la più grave è l’endoftalmite postoperatoria.

Prevalenza

L’intervento di cataratta rappresenta attualmente la procedura chirurgica oculare prevalente su scala mondiale. In media vengono effettuati ogni anno nel mondo più di 26 milioni di interventi, mentre nell’anno 2000 erano appena 10 milioni, quando in base al World Health Report 1998 si stimava che fossero già più di 19 milioni – il 43% del totale dei ciechi – le persone rese cieche in ambedue gli occhi dalla cataratta senile.

Una delle cause è sicuramente l’allungamento della vita media, dal momento che la cataratta è una delle patologie più frequenti negli anziani over-65.

Il rischio “dry eye”

Oggi, grazie al progresso delle tecniche chirurgiche e diagnostiche e a lenti intraoculari (IOL) sempre più performanti, l’intervento di cataratta ha, nella maggior parte dei pazienti, ottimi risultati sul piano refrattivo. Alcuni pazienti, però, sviluppano importanti disordini postoperatori, tra cui la sindrome da occhio secco o DED (Dry Eye Disease).

Sintomi

I sintomi più frequenti, che tendono a cronicizzare nel tempo, sono secchezza oculare, sensazione di corpo estraneo e affaticamento visivo. Questo quadro sintomatico ha un impatto molto negativo sia sulla qualità della vita che sull’efficienza visiva, con ripercussioni anche sulla produttività lavorativa, rendendo necessaria l’individuazione di strategie di prevenzione e gestione della DED dopo chirurgia della cataratta.

Sul piano della patogenesi non è ancora del tutto chiaro cosa favorisca l’insorgenza della DED post-chirurgia della cataratta, con la conseguenza che non è stata ancora individuata una terapia definita e basata sull’evidenza. Mancano, inoltre, studi sistematici e di ampie dimensioni su individui che non presentavano la DED prima dell’intervento e l’hanno sviluppata proprio dopo la rimozione della cataratta.

Review e metanalisi

Su questo delicato argomento una review e metanalisi del 2022 ha cercato di fare chiarezza su prevalenza, caratteristiche, fattori di rischio e misure di prevenzione.

Fattori di rischio

I principali fattori di rischio sono stati identificati nell’età avanzata e nel sesso, in quanto le donne presentano una maggiore predisposizione alla DED postoperatoria. Nello specifico Kohli et al. in uno studio del 2019 hanno dimostrato che gli individui con più 60 anni, due settimane dopo l’intervento di cataratta, presentavano risultati peggiori ai test OSDI, Schirmer, TFBUT, CFS (test stereoscopico), e TMH (Altezza del menisco lacrimale). Inoltre l’esposizione prolungata ai video terminali, specie nei paesi più sviluppati, può favorire l’insorgere di DED post-intervento di cataratta, come illustrato da Villani et al. in uno studio del 2020.

Un altro importante fattore di rischio è costituito dalle co-morbidità, in particolare dal diabete mellito, dalle patologie autoimmuni e neuropsichiatriche.

Condizioni favorevoli all’instaurarsi della DED postoperatoria sono indotte anche da alcune terapie farmacologiche, in particolare l’assunzione di antistaminici, di farmaci anti-reflusso, antidepressivi, ansiolitici, sonniferi, come anche la terapia ormonale sostitutiva e la terapia sostitutiva degli ormoni tiroidei.

Prevalenza e caratteristiche

In base ai dati presenti in Letteratura la prevalenza della DED post-chirurgia della cataratta in pazienti che non presentavano sintomi di occhio secco prima dell’intervento oscilla tra il 26,6% e il 37,4%.

Per quanto riguarda il suo decorso, alcune alterazioni postoperatorie della superficie oculare tendono in genere a regredire entro il primo mese successivo all’intervento, tuttavia la maggior parte degli studi ha riportato che parametri da DED, inclusi sintomi soggettivi, TFBUT, CFS, volume della secrezione lacrimale, e disfunzione delle ghiandole di Meibomio (MGD) non sono tornati al livello del baseline per tutta la durata dello studio. I picchi di gravità della DED postoperatoria sono stati riportati in genere 1 settimana dopo l’intervento, sebbene siano stati rilevati anche tra 1 mese e più di un anno dopo.

I pazienti che prima dell’intervento soffrivano di MGD sono risultati più esposti allo sviluppo di DED postoperatoria in quanto la MGD altera la stabilità del film lacrimale e l’accelerato tasso di evaporazione lacrimale e successiva idrolisi delle lacrime, propri di questa condizione, hanno molte probabilità di innescare lo sviluppo della DED postoperatoria.

Misure di prevenzione

Deve essere assolutamente evitato l’utilizzo di colliri contenenti conservanti sia in fase pre- che postoperatoria, in quanto possono causare alterazioni della superficie oculare che vanno dal danno all’apoptosi delle cellule epiteliali, e riduzione della densità delle cellule caliciformi mucipare.

È stato osservato anche un effetto negativo dell’utilizzo prolungato degli antinfiammatori topici non steroidei (FANS) nel postoperatorio per gli effetti negativi sulla densità delle cellule caliciformi mucipare congiuntivali.

Un’appropriata gestione preoperatoria della MGD potrebbe contribuire a ridurre i rischi di DED dopo l’intervento.

Su un piano generale l’utilizzo di luci operatorie filtrate, una minore durata dell’intervento, un’adeguata irrigazione intraoperatoria e una manipolazione molto delicata della superficie oculare sono condizioni che possono contribuire a minimizzare i rischi di tutte le complicanze postoperatorie e della DED in particolare.

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Chirurgia della cataratta: il controllo dell’infiammazione oculare – Oculista Italiano

 

Bibliografia
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  • Kohli P, Arya SK, Raj A, Handa U. Changes in ocular surface status after phacoemulsification in patients with senile cataract. Int Ophthalmol. 2019;39(6):1345–1353. doi: 10.1007/s10792-018-0953-8.
  • Villani E, Marelli L, Bonsignore F, et al. The ocular surface frailty index as a predictor of ocular surface symptom onset after cataract surgery. 2020;127(7):866–873. doi: 10.1016/j.ophtha.2019.12.012.

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