IL CORPO VITREO E LE PATOLOGIE CORRELATE (1-4)

Le patologie vitreali: un problema spesso misconosciuto

Nel campo della Oftalmologia clinica sta sempre più diffondendosi un problema molto spesso trascurato o sottovalutato, ma che crea notevoli disagi a coloro che ne soffrono. Stiamo parlando delle patologie vitreali: una serie di alterazioni patologiche che colpiscono il corpo vitreo causando notevoli disagi visivi, soprattutto in determinate condizioni luminose.

Sempre più spesso, infatti, ci troviamo di fronte a diagnosi di torbidità vitreale, sineresi, distacco del vitreo e sinchisi, che il più delle volte non vengono trattati o peggio ne viene minimizzata la sintomatologia che rimane, comunque, un grande problema per chi ne soffre.

Queste sintomatologie in molti casi si riflettono in maniera negativa sull’emotività e la serenità del paziente che si trova ad affrontare un problema con il quale dover convivere, senza poter sperare di trovare una soluzione.

Negli ultimi anni, tuttavia, l’evoluzione tecnologica, che ha portato allo sviluppo della chirurgia mininvasiva, permette di affrontare e, in alcuni casi, di eliminare le alterazioni vitreali grazie ad azioni terapeutiche e chirurgiche mirate a trattare adeguatamente lo specifico caso clinico che si vuole risolvere.

Possiamo, quindi, affermare che il paziente affetto da patologie vitreali attualmente può auspicare di eliminare il fastidio legato alle opacità vitreali e non deve imparare a convivere con il problema ma, se opportunamente consigliato dal proprio oculista, può scegliere la soluzione migliore, che soddisfi al meglio le sue aspettative.

Qualche cenno storico

Il corpo vitreo è stato, nel tempo, una delle strutture oculari maggiormente studiate e la sua reale composizione è stata oggetto di differenti teorie, elaborate in base alle conoscenze acquisite nei vari periodi storici.

Più di un secolo fa, Duke Elder lo descrisse come una struttura composta da “filamenti sciolti e delicati circondati da un fluido”. Nel corso del diciottesimo secolo, questa prima teoria venne ripresa e modificata fino a giungere alla formazione di quattro differenti scuole di pensiero riguardo alla composizione del vitreo.

La prima di queste si rifaceva alla teoria proposta da Demours nel 1741, che prese il nome di “Teoria Alveolare”, nella quale veniva esposta l’idea che la struttura vitreale prevedesse diversi compartimenti stagni, o alveoli, contenenti porzioni di vitreo fluido.

 

Nel 1780 Zinn ipotizzò che il vitreo potesse essere organizzato in strati lamellari e concentrici, simili a quelli della cipolla. Questa seconda teoria è conosciuta come “Teoria Lamellare” e in questo periodo storico questa teoria, venne supportata da numerosi altri studiosi di anatomia umana.

La “Teoria dei Settori Radiali”, elaborata da Hannover nel 1845, illustrava come la struttura vitreale potesse essere composta da settori orientati radialmente attorno al Canale di Cloquet, che risultava così posto al centro (quasi a simulare la struttura di un’arancia).

L’ultima di queste quattro teorie venne ripresa, nel 1848, da Bowman e prese il nome di “Teoria Fibrillare”. Si basava, infatti, sui suoi studi condotti utilizzando un microscopio in grado di evidenziare il nucleo delle piccole fibrille che formavano i fasci della struttura del vitreo.

I cambiamenti legati al gel vitreale, con la conseguente perdita della sua trasparenza, fecero supporre a Szent-Gyorgito che la struttura potesse subire delle modifiche legate all’invecchiamento. Per la prima volta venne allora evidenziato il fatto che nel vitreo si determinassero degli addensamenti e dunque delle opacità (floaters) in grado di disturbare la visione.

Il corpo vitreo: di cosa si tratta?

Oggi sappiamo che il corpo vitreo, o gel vitreale, è costituito da tessuto connettivo trasparente, gelatinoso, non vascolarizzato né innervato. Pesa circa 4 grammi, costituisce i 2/3 dell’intero volume del bulbo oculare e per la sua dimensione contribuisce a dare forma e sostanza all’occhio.

Grazie alla sua elevata viscosità il vitreo funge da ammortizzatore per eventuali traumi bulbari, proteggendo le strutture oculari più delicate. Oltre a queste numerose proprietà, la sua elasticità permette gli spostamenti antero-posteriori del cristallino aiutando il muscolo ciliare nella sua attività accomodativa.

Il gel vitreale è composto per il 99% da acqua, mentre il restante 1% da fibrille di collagene e ialuronato che ne costituiscono “l’impalcatura”. La rete di fibrille di collagene forma una struttura solida che viene “gonfiata” dallo ialuronato idrofilo, creando la struttura vitreale vera e propria.

Il rapporto tra questi due elementi è fondamentale per mantenere la trasparenza e la struttura del vitreo, in quanto qualora si modificassero le proporzioni tra i due (come ad esempio durante l’invecchiamento) il vitreo diventerebbe sempre più liquido e meno “geliforme”.

Le fibrille sono costituite da collagene di tipo I e II con struttura a tripla elica.

Fig. 1. Vitreo di un bambino di 9 mesi isolato durante un’autopsia.
Fig. 1. Vitreo di un bambino di 9 mesi isolato durante un’autopsia.

Lo studio dell’anatomia vitreale è da sempre difficoltoso per due ragioni principali:

– il dover studiare un tessuto del tutto trasparente, condizione che rende molto difficoltosi tutti i tentativi di definire la morfologia del vitreo (Fig. 1)
– le tecniche impiegate finora per definire le strutture del vitreo sono state vanificate dagli artefatti indotti dai fissanti del tessuto, che causano la precipitazione dei glicosaminoglicani.

Il corpo vitreo è da intendere come una struttura diottrica e nutritiva, oltre che morfostatica. È circondato dalla membrana ialoidea e si rapporta posteriormente con la membrana limitante interna della retina e anteriormente con le fibre della zonula di Zinn, i corpi ciliari e la faccia posteriore del cristallino dove forma una cavità chiamata fossa patellare.

In alcuni punti il vitreo forma delle fisiologiche aderenze, soprattutto a livello della capsula posteriore del cristallino attraverso il legamento di Wieger, in particolare a livello della papilla ottica (area di Martegiani), e anche a livello dell’ora serrata dove l’aderenza è particolarmente elevata. In età adolescenziale sono presenti forti aderenze, anche a livello maculare, che però vengono meno con il passare degli anni.

Lo sviluppo vitreale inizia nel corso della sesta settimana di vita embrionale e, anche se non è ancora del tutto chiara quale sia l’origine dello sviluppo cellulare, si presume che la sintesi vitreale sia dovuta agli ialociti, alle cellule retiniche e alle cellule del corpo ciliare.

Durante l’embriogenesi il vitreo è invaso da vasi sanguigni, che forniscono nutrimento al segmento anteriore dell’occhio in fase di sviluppo. Con il passare del tempo questi vasi subiscono una regressione fino a scomparire completamente lasciando così il corpo vitreo trasparente.
Il suo volume aumenta di tre volte dalla nascita all’età adulta; bisogna, però, tenere presente che il 70% di questo aumento si ha entro i quattro anni di età. Lo sviluppo completo generalmente si raggiunge nel periodo adolescenziale, tra i 15 e i 18 anni di età.

La formazione del gel vitreale si compone di tre differenti momenti che contribuiscono alla composizione del vitreo finale:

  • Vitreo primario: il tessuto mesodermico circonda la vescicola lenticolare, mentre nel suo spessore interno si sviluppa una trama vascolare proveniente dall’arteria ialoidea.
  • Vitreo secondario: solitamente si forma verso il secondo mese di vita intrauterina, attraverso un processo di trasformazione del tessuto mesenchimale con un tessuto neuroectodermico tipicamente avascolare.
  • Vitreo terziario: caratterizzato dalla scomparsa dell’albero vascolare ialoideo e conseguentemente dalla comparsa del canale di Cloquet. Questa porzione del vitreo rappresenta una cavità virtuale ed è otticamente vuota, composta dal tessuto mesenchimale primordiale ormai sostituito dal vitreo definitivo.
Fig. 2. Il corpo vitreo in sezione anatomica.
Fig. 2. Il corpo vitreo in sezione anatomica.

Anatomicamente parlando il corpo vitreo viene abitualmente suddiviso in tre diverse zone ben definite che prendono il nome di: Vitreo Centrale, Base del Vitreo e Corteccia Vitreale (Fig. 2).

Il Vitreo Centrale è, come suggerito dal nome stesso, la porzione posta al centro dell’intero gel vitreale il quale contiene al suo interno il Canale di Cloquet, che è un residuo del sistema vascolare del vitreo primario durante lo sviluppo embrionale. Il vitreo centrale ha una bassa concentrazione di fibre di collagene che decorrono in senso antero-posteriore.

La Base del Vitreo è posta in corrispondenza dell’ora serrata, ovvero la porzione di passaggio tra il tessuto retinico e il corpo ciliare. In questa zona anatomica, il vitreo si caratterizza per la presenza di densi fasci di fibre collagene fortemente adesi alla retina, probabilmente a causa della loro “fusione” con la membrana limitante interna.

Corteccia Vitreale: il gel vitreale centrale è a sua volta circondato dalla Corteccia Vitreale che presenta un differente orientamento delle fibre di collagene rispetto al vitreo centrale. La corteccia viene comunemente suddivisa in:

  • Corteccia vitreale anteriore: ricopre la superficie posteriore del cristallino in corrispondenza della fossa patellare.
  • Corteccia vitreale posteriore: questa porzione vitreale aderisce alla superficie retinica più interna dietro al bordo posteriore della base del vitreo.

Patologie vitreali: come possiamo prevenirle?

Per effettuare una semplice, ma efficace prevenzione delle patologie vitreali degenerative va sempre ricordato al paziente di assumere una rilevante quantità di liquidi, soprattutto in estate, al fine di contrastare le perdite di acqua dovute alla diuresi e alla traspirazione.

In presenza di degenerazioni vitreali conclamate, la semplice reidratazione del gel vitreale, meglio se arricchita con sostanze osmotiche, favorisce la riespansione della massa vitreale e riduce il movimento delle fibrille spezzate all’interno delle lacune vitreali, permettendo una netta diminuzione della percezione dei corpi mobili, con un miglioramento evidente della fenomenologia soggettiva.

Purtroppo, la somministrazione con la dieta di acido ialuronico e collagene non dà accumulo a livello vitreale, a causa della immediata degradazione di queste molecole da parte dei succhi gastrici dello stomaco.

In effetti, la degradazione delle matrici fibrillari vitreali è dovuta, oltre che ai meccanismi enzimatici naturali e all’azione dei radicali liberi, anche all’effetto di alcune classi di farmaci utilizzati in medicina generale.

Ad esempio nei pazienti ipertesi o diabetici in trattamento cronico con antipertensivi e diuretici la deplezione costante di acqua e potassio tende a ridurre la componente acquosa della massa vitreale e di conseguenza ad alterare il corretto rapporto tra questa e la componente fibrosa, oltre che a favorire le trazioni vitreoretiniche.

Le principali patologie vitreali

Emovitreo

Si tratta di un intorbidamento emorragico del corpo vitreo, con conseguente miscelazione del sangue con il gel vitreale e formazione di masse poco oppure per niente trasparenti, che possono compromettere significativamente la funzione visiva.
L’emovitreo può essere dovuto ad un trauma del bulbo oculare oppure più semplicemente, può insorgere spontaneamente. Le cause principali dell’emovitreo spontaneo possono essere: il diabete, l’ipertensione arteriosa, le malattie vascolari della retina, le rotture retiniche e le membrane neovascolari sottoretiniche.

Ialosi Asteroide

Fig. 3a. Ialosi asteroide.
Fig. 3a. Ialosi asteroide.

La ialosi asteroide è un’affezione rara, che si riscontra generalmente nei soggetti d’età superiore ai 60 anni ed è più frequente nei diabetici. Corrisponde ad un processo di invecchiamento del collagene vitreale.
L’aspetto caratteristico della vitreopatia asteroide è rappresentato dalla presenza di opacità rotonde bianco-giallastre e brillanti (corpi asteroidi), sospese nel gel vitreale, spesso aggregate in ammassi e dall’aspetto simile a fili o grappoli di perle (Fig. 3 a-b).

Fig. 3b. Ialosi Asteroide.
Fig. 3b. Ialosi Asteroide.

I corpi asteroidi, composti prevalentemente da grassi e sali di calcio, sono attaccati alle fibre del collagene e sono mobili con i movimenti del gel vitreale.

La vitreopatia asteroide è generalmente asintomatica. Anche quando le opacità sono talmente dense da ostacolare la visione del fondo oculare, i pazienti non hanno una riduzione dell’acuità visiva e la malattia rappresenta spesso una scoperta fortuita durante un esame oculistico di routine.
L’eziologia resta ancora sconosciuta.

Sinchisi scintillante

La sinchisi scintillante si presenta clinicamente con molteplici minute particelle cristalliniche, brillanti e colorate, sospese in un vitreo degenerato e liquefatto. L’aspetto di questi corpuscoli è piatto ed angolare, contrariamente a quello rotondeggiante dei corpi asteroidi.

I cristalli sono mobili con i movimenti dell’occhio, ma indipendenti dai movimenti del vitreo, a differenza dei corpi asteroidi che sono strutturalmente associati al vitreo.

Durante i movimenti oculari si diffondono rapidamente nella cavità vitrea, ma si depositano per gravità sul fondo oculare quando l’occhio è immobile.

La sinchisi scintillante viene riscontrata più spesso in soggetti al di sotto dei 35 anni di età e si presenta esclusivamente in occhi gravemente traumatizzati o affetti da infiammazioni croniche o in seguito ad emorragie intravitreali.

Persistenza di Vitreo Primitivo Iperplastico

È una patologia che si presenta nei neonati nati a termine e si manifesta solitamente in maniera unilaterale. Questa anomalia deriva dalla mancata regressione spontanea della tunica fibrovascolare del cristallino e dalla vascolarizzazione ialodea normalmente presente solo nel feto. La fase di regressione dovrebbe incominciare intorno al 2° mese di gestazione per iniziare a lasciar spazio al vitreo secondario.

Solitamente questa patologia oculare non si accompagna ad altre anomalie sistemiche. Una delle caratteristiche principali, che mostra la presenza della patologia, è una leucocoria (pupilla bianca).

Si possono riconoscere 2 varianti di questa patologia. La prima è la PHPV anteriore che solitamente si presenta con microftalmo, anche di modesta entità, e con la camera anteriore di ridotta profondità e possibile presenza di vasi sanguigni sullo stroma irideo che si protendono verso lo spazio pupillare o verso la superficie della lente.

Questa variante della patologia può essere riconosciuta tramite un importante segno caratteristico che consiste, una volta dilatata la pupilla, in un allungamento dei processi ciliari che aderendo alla massa fibrovascolare retrolenticolare, contrattile, tira, per via della trazione esercitata, i processi verso il centro.

La seconda variante della patologia, invece, consiste in un cordone fibrovascolare vitreale prominente che decorre anteriormente ed emerge dal nervo ottico. In questa variante possono essere presenti pieghe retiniche da trazione e distacchi di retina.

Nel caso in cui il forame pupillare non sia completamente occluso dall’opacizzazione è possibile intravedere, dietro la membrana bianca, residui di vasi ialoidei.

Infezioni da batteri, funghi e parassiti

Il vitreo può essere contagiato da batteri responsabili delle malattie supporative dell’occhio (Aspergillus, Cefalosporium, Cystercus, Microfilaria, Cisti di Echinococco, Larve di Toxocara Canis e Toxocara Cati).

Degenerazione vitreale legata all’età: miodesopsie e PVD

In ambito clinico stanno avendo sempre maggior incidenza e importanza le degenerazioni del gel vitreale che determinano sintomatologie varie e in alcuni casi invalidanti per i pazienti.

I sintomi che causano maggiori problemi sono connessi alla visione di “mosche volanti” e “filamenti” scuri nel campo visivo, che si rendono ancora più visibili con condizioni di intensa luminosità o in presenza di sfondi chiari (ad esempio in una giornata molto soleggiata oppure quando ci si trova sui campi neve).

La visione di questi corpuscoli è la conseguenza della formazione di “grumi” all’interno del gel vitreale e le miodesopsie non sono altro che la loro ombra proiettata sul piano retinico. La formazione degli addensamenti vitreali è la conseguenza di una liquefazione del gel vitreale, dovuta alla alterazione dei meccanismi che tengono separate le fibre di collagene.

Queste fibre sono fisiologicamente avvolte da altre molecole che ne impediscono l’avvicinamento. Qualora dovesse venire meno questa sorta di “barriera”, le fibre di collagene verrebbero a contatto e a causa della loro natura “collosa” si aggregherebbero formando un reticolo più ampio e denso.

Una volta che il contatto è avvenuto e le fibre si sono unite tra loro, la loro separazione è estremamente difficoltosa e intervenendo si potrebbe anche rischiare di peggiorare la situazione.
Attraverso questo processo di aggregazione delle fibre di collagene, si verrebbero a creare naturalmente delle zone prive di fibre che modificherebbero la struttura vitreale, determinando il passaggio dallo stato gelatinoso a quello liquido. Le aree liquide presenti all’interno della cavità vitreale sono definite come “lacune vitreali”.

Le molecole di rivestimento delle fibre di collagene, oltre ad impedirne l’unione, svolgono anche un altro importante e fondamentale ruolo. Esse infatti sono responsabili dell’adesione delle fibre alla membrana limitante interna della retina, legame molto forte nelle aree di maggiore aderenza vitreo-retinica.

Il passare degli anni, e dunque l’invecchiamento dei tessuti oculari, provoca un deterioramento del rivestimento molecolare, che oltre a creare le lacune vitreali, può ridurre l’aderenza con il tessuto retinico fino a provocare un Distacco Posteriore del Vitreo (PDV) (Fig. 4).

Fig. 5. Immagine OCT/SLO in paziente affetto da miopia patologica.
Fig. 5. Immagine OCT/SLO in paziente affetto da miopia patologica.

La liquefazione vitreale è riscontrabile in tutti gli occhi dopo i 50 anni di età e si è appurato che oltre gli 80/90 anni più della metà del corpo vitreo è allo stato liquido e non più gelatinoso.

Scientificamente la liquefazione vitreale prende il nome di sinchisi, mentre la formazione e concentrazione di fibre di collagene, responsabili della comparsa delle miodesopsie, è chiamata sineresi.

Nel vitreo senile è dunque di facile riscontro per l’oculista la presenza sia di sineresi vitreali che di distacchi posteriori del vitreo, dovuti come detto in precedenza ad un progressivo indebolimento e degenerazione del rivestimento molecolare.

Nei soggetti miopi, in conseguenza all’aumento della lunghezza del bulbo oculare, le problematiche vitreali sono generalmente di più frequente riscontro rispetto ad occhi ipermetropi o del tutto emmetropi (Fig. 5).

Distacco Posteriore del Vitreo

Fig. 6. Rottura retinica causata da Distacco Posteriore del Vitreo.
Fig. 6. Rottura retinica causata da Distacco Posteriore del Vitreo.

È una condizione clinica piuttosto frequente e che interessa la quasi totalità degli occhi in età senile. La perdita delle aderenze nelle zone di rapporto tra vitreo e retina di per sé non rappresenta una condizione patologica vera e propria, ma potrebbe esitare in gravi conseguenze qualora il vitreo dovesse distaccarsi in maniera anomala.

La complicanza più grave dell’anomalo distacco vitreale dal tessuto retinico, al quale è inizialmente adeso, è sicuramente la rottura retinica (Fig. 6). Le rotture retiniche possono essere una diretta conseguenza di una forte trazione esercitata dal corpo vitreo sulla membrana limitante interna, la quale viene “strappata” durante il prolasso del vitreo all’interno della cavità vitreale.

Fig. 7. Nell'immagine è possibile vedere un'area di trazione vitreo-retinica in periferia (zona cerchiata in rosso).
Fig. 7. Nell’immagine è possibile vedere un’area di trazione vitreo-retinica in periferia (zona cerchiata in rosso).

I pazienti che ne sono affetti, in conseguenza della improvvisa separazione/distacco del vitreo dalla retina, avvertono solitamente la comparsa improvvisa di fosfeni (segnali luminosi simili a dei “lampi”) causati proprio dalla sollecitazione esercitata dal corpo vitreo sul tessuto retinico.

Una valutazione del fondo oculare in midriasi in presenza di fosfeni oculari potrebbe rilevare una trazione vitreoretinica (Fig. 7) oppure una iniziale rottura retinica che, se adeguatamente trattata, può prevenire delle complicanze vitreoretiniche, come ad esempio una rottura retinica oppure un distacco di retina.

La persistenza di trazioni vitreali a livello retinico può esitare, come già detto, in rotture retiniche che nei casi più gravi e complicati possono trasformarsi in veri e propri Distacchi di Retina con possibili compromissioni della funzione visiva anche dopo il riaccollamento della retina in seguito all’intervento chirurgico.

Clinicamente il Distacco Posteriore del Vitreo è classificabile in:
Distacco parziale: a sua volta suddivisibile in base alla presenza o meno di trazioni vitreo-retiniche.
Distacco completo: anche questo tipo di Distacco Posteriore del Vitreo si differenzia in base alla presenza o meno del collasso vitreale anteriormente

Fig. 8. Nella zona evidenziata è possibile apprezzare l'Anello di Weiss.
Fig. 8. Nella zona evidenziata è possibile apprezzare l’Anello di Weiss.

alla camera vitrea. Nel distacco completo del vitreo, solitamente è possibile apprezzare l’anello di Weiss (Fig. 8), ovvero la porzione vitreale originariamente adesa alla papilla ottica. La particolarità di questa porzione del gel vitreale è proprio la sua forma “ad anello” che la rende riconoscibile.

Tramite la Tomografia a Coerenza Ottica (OCT) oppure attraverso la visualizzazione con la lampada a fessura, è possibile valutare la morfologia del corpo vitreo e i suoi rapporti con il piano retinico sottostante in modo da poter valutare nel dettaglio quali potrebbero essere eventuali complicanze successive.

Miodesopsie: eziologia e sintomi

Comunemente chiamati “corpi mobili vitreali” o “floaters” sono solitamente assimilabili a degli addensamenti delle fibre di collagene, sparsi nella cavità vitreale. Se frapposti tra il forame pupillare e il piano retinico i floaters vengono percepiti e conseguentemente determinano una visione simile alla comparsa di “mosche volanti” o “ragnatele”.

Comunemente i floaters insorgono durante la mezza età e sono il risultato di un normale invecchiamento della struttura vitreale e dell’effetto di dispersione della luce dopo il collasso del corpo vitreo e il suo distacco dal piano retinico.
Nei pazienti più giovani, invece, le miodesopsie sono solitamente associate ad un’elevata o moderata miopia, mentre sono molto più rare nei pazienti emmetropi o ipermetropi.

L’eziologia dei corpi mobili vitreali si ritiene debba essere ricercata nei cambiamenti che inducono un’alterazione dell’organizzazione macromolecolare presente in età giovanile. Nei soggetti giovani, infatti, l’acido ialuronico interagisce con le fibre di collagene per tenerle sufficientemente separate tra di loro, in modo da permettere il passaggio della luce con una minima o nulla dispersione della stessa.

Qualora queste fibre di collagene dovessero venire a contatto ed unirsi, il gel vitreale perderebbe parte della sua trasparenza, e la dispersione della luce aumenterebbe creando effetti di diffrazione in grado di disturbare la visione. Oltre a questo fenomeno un altro fattore che contribuisce alla creazione di opacità vitreali è il distacco posteriore del vitreo dal piano retinico, seguito dalla sua liquefazione.

Si può, dunque, affermare che i floaters siano la conseguenza di una dispersione della luce causata dalla combinazione della sinchisi e dalla sineresi vitreale con distacco posteriore del vitreo (riportato nel 53% dei pazienti di età superiore ai 50 anni e nel 65% in quelli di età superiore ai 65 anni).

Il distacco posteriore del vitreo è la prima causa dell’insorgenza di corpi mobili vitreali, seguito dalla vitreopatia miopica, dalla ialosi asteroide e da altre patologie sistemiche (es. Sindrome di Marfan).
Le miodesopsie vengono riportate dai pazienti come delle “linee” o “puntini” presenti all’interno del campo visivo, che si rendono maggiormente evidenti su sfondi chiari o in ambienti molto luminosi.

Fig. 9. Immagine percepita da un paziente con miodesopsie.
Fig. 9. Immagine percepita da un paziente con miodesopsie.

Occorre fare molto molta attenzione qualora dovessero comparire le miodesopsie perché, oltre ai già accennati addensamenti fibrillari, potrebbero essere sintomo anche di rotture retiniche o “sanguinamenti” vitreali. Nel caso in cui queste dovessero apparire in associazione a fosfeni, una valutazione del fondo oculare in midriasi deve essere effettuata nel minor tempo possibile dall’inizio della sintomatologia.

I corpi mobili fluttuano all’interno della cavità vitreale e si spostano con il movimento oculare, proiettando la loro ombra sulla retina e creando un’immagine nel campo visivo (Fig. 9).

Solitamente le miodesopsie non associate a fosfeni sono conseguenza di distacco posteriore del vitreo, mentre l’incidenza di rotture retiniche è notevolmente maggiore quando sono associate alla visione di lampi di luce o flash.

Gli addensamenti di fibre di collagene nel corpo vitreo sono molto difficili da trattare. Tuttavia un aumento dell’apporto idrico e l’assunzione di integratori alimentari specifici può portare al miglioramento della sintomatologia grazie al completo o talvolta totale scioglimento del legame fibrillare.

Per poter studiare e comprendere meglio gli effetti negativi che i corpi mobili hanno sul singolo paziente occorrerebbe di volta in volta eseguire una approfondita analisi sia strutturale che funzionale del gel vitreale. A questo scopo si possono utilizzare numerosi strumenti come l’ecografo, l’OCT, la valutazione dinamica della dispersione della luce e la determinazione della sensibilità al contrasto.

Le miodesopsie possono essere il risultato di più cause e spesso risulta difficile determinare le reali condizioni per le quali questa problematica insorge.

Le principali condizioni in cui possono svilupparsi le miodesopsie sono:
Invecchiamento: il deterioramento vitreale, dovuto al passare degli anni, è una delle principali cause di formazione di corpi mobili vitreali. Si stima che più del 50% delle persone sopra i 70 anni sia affetta da miodesopsie.
Diabete: le miodesopsie, o floaters, sono comuni nei pazienti diabetici in quanto la patologia causa una debolezza capillare che potrebbe esitare in piccoli sanguinamenti i quali finiscono poi per fluttuare nel gel vitreale.
Sviluppo prenatale anomalo: talvolta i corpi mobili possono essere dovuti a piccole particelle cellulari non completamente dissolte durante lo sviluppo pre-natale. Negli ultimi tre mesi di gestazione si assiste al fenomeno della regressione dell’arteria ialoidea e, in questa fase, può capitare che alcune particelle contenute nell’arteria permangano anche dopo la sua regressione.
Traumi bulbari: costituiscono una delle cause di più facile riscontro dei floaters. I traumi oculari possono, infatti, esitare in danni bulbari, talvolta anche gravi, ed essere causa della comparsa di miodesopsie.
Miopia: i pazienti miopi, soprattutto se affetti da una miopia patologica, hanno un elevato rischio di sviluppare delle miodesopsie.
Vitreiti: le vitreiti sono delle infiammazioni che interessano proprio il gel vitreale. I principali responsabili dell’insorgenza di vitreiti sono l’Herpes, il Citomegalovirus e altre infezioni virali.
Uveiti: le infiammazioni dell’uvea, in particolare quelle posteriori, possono essere causate da infezioni, parassiti, traumi o malattie autoimmuni. In tutti questi casi è molto facile che si creino corpi mobili vitreali.
Anomalie vitreali: molto spesso le miodesopsie possono essere causate da rotture retiniche oppure da fragilità dei capillari.
Chirurgia della cataratta: alcune complicanze che possono insorgere durante l’intervento di cataratta, potrebbero concorrere alla formazione di floaters vitreali.

Dr. Carmelo Chines
Direttore responsabile